domenica 22 febbraio 2015

Paradosso di Russell

Paradosso di Russell

Vediamo allora le basi storico-tecniche della spinta alla sistematizzazione della matematica.

Nel 1901 Bertrand Russell si rese conto che se gli insiemi si potevano costruire a piacimento senza seguire precise regole si andava incontro a contraddizioni.
Esponiamo qui il famoso paradosso di Russell, prima in modo informale e poi in modo formale.

Supponiamo che vogliamo fare un catalogo di cataloghi di libri.
Potrebbe capitare che alcuni cataloghi di libri elenchino se stessi fra i libri catalogati. (Per esempio il “Catalogo dei libri il cui titolo comincia per C” potrebbe elencare se stesso tra i libri che cominciano per C).
Ecco, noi vogliamo fare il catalogo di tutti i cataloghi che non elencano se stessi al loro interno.
Sembra sensato. Chiamiamo Catalogo M il nostro catalogo che elencherà quindi tutti e soli i cataloghi che non elencano se stessi al loro interno.
Se decidiamo di non elencare il Catalogo M all'interno del Catalogo M allora il Catalogo M è un catalogo che non elenca se stesso e perciò dovrebbe essere elencato nel Catalogo M.
Se decidiamo invece di elencare il Catalogo M all'interno del Catalogo M allora il Catalogo M non dovrebbe essere elencato nel nostro Catalogo M. In ogni caso perveniamo a una contraddizione.

Il paradosso di Russell si può raccontare anche con la storia del barbiere che fa la barba solo a coloro che non se la fanno da soli: se tale barbiere decide di farsi la barba contraddice se stesso perché la deve fare solo a coloro che non se la fanno da soli; se invece tale barbiere non si fa la barba da solo allora, proprio per questo, dovrebbe fare la barba a se stesso.

In maniera più formale il paradosso di Russell deriva dal tentare di costruire l'insieme R di tutti gli insiemi che non hanno se stessi come elementi. Ecco cosa succede: se R non appartiene a R allora, per definizione, abbiamo che R è un elemento di R. E, viceversa, se R appartiene a R allora, per definizione, R non deve essere un elemento di R. In ogni caso non vi è soluzione e siamo a una contraddizione.

I matematici si resero conto che la soluzione a questo paradosso sta nel fatto che si tratta di definizioni mal poste. Bisognava trovare delle regole, degli assiomi, che dicessero quali sono le costruzioni possibili che si possono fare con gli insiemi.

Questa fu la spinta teorico-tecnica a tentare una sistematizzazione della teoria degli insiemi e della matematica tutta.

In termini umani possiamo tradurre e dire che i matematici dovettero accettare che la razionalità non può poggiare su stessa e che tutte le volte che vi è autoreferenzialità si finisce per girare su stessi senza pervenire a niente. Bisognava scegliere delle basi da cui partire.
Il paradosso di Russell costringerà i matematici ad introdurre anche l'assioma di fondatezza (di cui parleremo più avanti) che evita appunto che un insieme possa appartenere a se stesso o che esistano catene infinite discendenti di insiemi ciascuno avente fra i suoi elementi l'insieme successivo della catena:
A1 ϶ A2 ϶ A3 ϶ A4 ϶ A5 ϶ A6 ϶ A7 ϶ ...

(ricordiamo che il simbolo ϶ significa “ha come elemento”).
Bisogna che gli insiemi siano ben fondati, abbiano una base. Non devono esistere annidamenti infiniti come questo:
{{{{{{{{{ ... }}}}}}}}}
dove le parentesi si annidano a oltranza.
Questo tipo di costruzioni con annidamenti infiniti richiama alla mente le elucubrazioni dell'uomo razionale e del filosofo che non riescono a trovare il bandolo della matassa perché hanno escluso dal loro pensiero il pensiero non cosciente fatto di immagini che dà concretezza ed identità all'essere umano.




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