Numerosità
Dice Boyer1,
noto storico della matematica:
Oggi
è ancor più evidente che le capacità di
distinguere il numero, la dimensione, l'ordine e la forma, rudimenti
di istinto matematico, non sono proprietà esclusiva del genere
umano. Esperimenti effettuati con corvi, per esempio, hanno mostrato
che almeno certi uccelli sono in grado di distinguere insiemi
contenenti fino a quattro elementi. (si veda: Levi Conant, “The
Number Concept, Its Origin and Development”, 1923 ed anche H.
Kalmus, “Animals as Mathematicians”, Nature, 202, 1964).
La capacità
di distinguere numerosità e la capacità di contare non
sono parenti a nostro avviso.
Rifiutiamo inoltre
l'idea dell'esistenza di un “istinto matematico”.
L'istinto è
qualcosa di tipicamente animale. L'istinto o comportamento innato è
la tendenza intrinseca di un organismo vivente ad eseguire o mettere
in atto un particolare comportamento.
I comportamenti istintivi sono comportamenti automatici che non sono cioè frutto di apprendimento né di scelta personale. L'istinto ha un rapporto piuttosto rigido con ciò a cui mira, difficilmente ottenendo soddisfazione da un oggetto diverso.
I comportamenti istintivi sono comportamenti automatici che non sono cioè frutto di apprendimento né di scelta personale. L'istinto ha un rapporto piuttosto rigido con ciò a cui mira, difficilmente ottenendo soddisfazione da un oggetto diverso.
La matematica è
invece pensiero, creazione, fantasia, immaginazione.
Difficile allora
concepire qualcosa come un istinto matematico, si tratta di una
contraddizione in termini.
Proseguiamo allora
con Boyer, perché ci sembra rappresentativo di un filone di
pensiero importante in quanto culturalmente molto diffuso:
In
un primo tempo le nozioni primitive di numero, grandezza e forma
facevano, forse, riferimento più a contrasti che non a
somiglianze: la differenza tra un solo lupo e molti lupi [...]
Gradualmente deve essere emerso, dal disorientamento di esperienze
caotiche, la consapevolezza che esistono somiglianze: e da questa
consapevolezza di somiglianze di numero e di forma trassero origine
tanto la scienza della natura quanto la matematica. Le differenze
stesse sembrano rinviare a somiglianze: infatti il contrasto tra un solo e molti
lupi, tra una pecora e un gregge, tra un albero e una foresta
suggerisce che un lupo, una pecora ed un albero hanno qualcosa in
comune: la loro unicità.
Nella
stessa maniera si sarebbe osservato come certi altri gruppi possano
essere messi in corrispondenza biunivoca. Le mani possono essere
appaiate con i piedi, con gli occhi, con le orecchie o con le narici.
Questo riconoscimento di una proprietà astratta che certi gruppi hanno in comune, e che chiamiamo numero, rappresenta un grande passo verso la matematica moderna.
Questo riconoscimento di una proprietà astratta che certi gruppi hanno in comune, e che chiamiamo numero, rappresenta un grande passo verso la matematica moderna.
Si vuole qui tentare di raccontare come il concetto di numero nasca
dal concetto di corrispondenza biunivoca ossia dal concetto di
equipotenza: due insiemi sono equipotenti se i loro elementi possono
essere messi in corrispondenza biunivoca. I numeri sarebbero il
quoziente del mondo modulo la relazione di equipotenza. Questo è
anche l'approccio al concetto di numero che si tentava di imporre ai
bambini delle elementari quando era in voga l'insiemistica.
Questa visione tuttavia non coglie in nessun modo l'aspetto dinamico
del contare, non coglie la forte relazione tra il contare ed il
movimento del tempo. Boyer pensa che il concetto di numero sia nato
prima del contare. Noi pensiamo che il contare venga prima del
concetto di numero. Contare è un movimento della mente
collegato al movimento del tempo.
Anche volendo accettare l'idea di numero che Boyer e molti altri
propongono non si spiega poi come questi numeri, visti come
fotografie di situazioni statiche, si colleghino tra loro. Non vi
sarebbe nessuna relazione tra un insieme con 3 mucche ed un insieme
con 5 mucche.
Possiamo forse qui citare il metodo Doman2.
Usando questo metodo i bambini vengono stimolati fin da piccolissimi
(fin dal primo o secondo di età) a distinguere numerosità
mostrando loro delle schede con dei pallini (esempio, 99 pallini):
Vengono poi abituati a memorizzare il risultato di operazioni tra
numerosità: 5 pallini + 42 pallini fa 47 pallini, sempre
mostrando delle schede con solo pallini.
Il metodo funziona nel senso che alcuni bambini imparano a dire i
numeri molto presto e memorizzano i risultati di molte operazioni fin
da molto piccoli. E' stato però studiato che il metodo non ha
influenze positive sulla capacità dei bambini di imparare bene
la matematica in seguito nella scuola ed anzi è stato
riscontrato che i bambini sottoposti a questo metodo vanno spesso in
crisi in seconda o terza elementare perché non hanno
sviluppato certe abilità connesse con i processi di
elaborazione ed hanno allenato invece la mera memorizzazione.
Doman è l'ideatore di un analogo metodo per imparare a leggere
prima dei 3 anni3.
Sono stati fatti numerosi studi4
che mostrano come i bambini sottoposti a questo metodo imparino si a leggere ma perdano la possibilità di comprendere,
ricreare e rendere proprio il profondo, bellissimo, umanissimo e
complesso processo mentale che porta dal suono al leggere allo
scrivere.
[i
bambini] nel secondo e terzo anno di scuola cominciavano a
peggiorare. Il processo meccanico di apprendimento che avevano
utilizzato per imparare precocemente non si adattava
all'apprendimento più complesso delle classe avanzate.
Sembravano arenarsi in metodi di apprendimento primitivi.5
Ci sentiamo di poter dedurre da queste osservazioni che il processo del contare è molto di più del riconoscere numerosità e che il processo del contare sia qualcosa di specificamente umano che non viene imparato dal bambino ma ricreato dalla mente di ogni singolo bambino.
[Nota: i pallini nella figura sono in realtà 272].
[Nota: i pallini nella figura sono in realtà 272].
1.
Carl B.Boyer, Storia della Matematica, Mondadori, 1980, p.1 e
seguenti.
2. Doman
Glenn; Doman Janet, “Imparare la matematica prima dei tre anni. La
rivoluzione gentile”, 1999, Armando Editore.
3. Doman
Glenn, “Leggere a tre anni”, 2003, Armando Editore.
4. T.
Berry Brazelton, “Il bambino da 0 a 3 anni”, 2003, Rizzoli,
p.252.
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